Siamo a marzo, quale mese migliore per parlare di emozioni positive? Le parole chiave di questo mese richiamano idee belle come fiorire, sbocciare, aprirsi. Splendido no?
Solo che di questi tempi parlare di apertura e fioritura quando tutto e tutti cercano la chiusura (dei confini nazionali e nel mettere distanza tra le persone) ed in più – almeno a Trento – ha appena nevicato è una bella sfida.
Di certo la facilità con cui si sta propagando il virus fa riflettere sulle connessioni tra Paesi e persone; sulle storie che ci raccontiamo intorno a queste connessioni; e di riflesso, le emozioni che si scatenano.
Cosa ha messo in luce il COVID-19
Per spiegare lo scoppio di questo virus abbiamo sentito tutto ed il contrario di tutto. Lo storytelling si è diviso principalmente in due categorie, anche se inizialmente il filo conduttore nei discorsi era uno: individuare il responsabile (il paziente zero).
Una narrazione parlava di paura del diverso: in questo caso i cinesi. Da qui a boicottarne ristoranti e negozi il passo è stato breve. L’altra raccontava la rabbia verso un certo tipo di uomini d’affari: gente senza scrupoli che viaggia in Cina per il Dio denaro, e al rientro fa finta di niente propagando il virus.
Poi queste due emozioni hanno finito per mischiarsi e sovrapporsi, creando un clima generale abbastanza ansiogeno.

Cosa ci sta insegnando il COVID-19
Non sono in cerca di colpevoli – tanto ormai, il virus c’è e ce lo teniamo: l’aspetto interessante è come stiamo gestendo questa consapevolezza dal punto di vista emotivo.
Nello yoga le emozioni – come paura e rancore – vengono lavorate in parte attraverso la meditazione, ed in parte attraverso le asana di apertura del cuore. Questo vuol dire imparare a percepirle, viverle, e poi lasciarle andare (sia quelle positive che negative). Nel coaching invece le dissezioniamo utilizzando di più lo strumento cognitivo. Cerchiamo di dare loro un nome, una forma, un colore, un odore, un suono.
In entrambi i casi, se ci presti attenzione, passiamo dall’essere quell’emozione (sono spaventata, sono arrabbiata) a guardarla come se fosse un film alla tv.
Gestire le emozioni
Io credo che il COVID-19 ci stia dando una grande lezione su come imparare a gestire paura e rabbia non solo in termini individuali, ma collettivi.
Vivere un’emozione vuol dire essere consapevoli della sua transitorietà, del fatto che è destinata a passare: la gioia come il dolore, la rabbia come l’allegria. Se noi viviamo la rabbia e/o la paura di questo momento, se le osserviamo con attenzione: diamo loro il permesso per insegnarci qualcosa, e poi possiamo lasciarle andare con serenità.
Se noi siamo quell’emozione, invece (se noi siamo arrabbiate, o spaventate) – la percezione che abbiamo è quella di uno stato immutabile. Le parole che usiamo sono importanti, perché danno forma ai pensieri e alla realtà che viviamo. Chi parla male, pensa male – e vive male.
Quindi le mie domande per te oggi sono queste:
- quale emozione stai sentendo, che nome le dai?
- dove si trova quell’emozione? Ha un colore, un sapore, un odore, un suono, una consistenza particolare? Quale?
- se quell’emozione ti parlasse, cosa ti direbbe? E tu cosa le diresti?
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Dinamica e vivace, sono tanti i temi che mi entusiasmano: se devo riassumere, fondamentalmente mi piace studiare e mi piace insegnare.⠀
Poi il cosa studio e cosa insegno tende a variare: appassionata di lingue straniere, psicologia, e movimento spazio tra questi ambiti.⠀
Sono leadership coach certificata ICF ed insegnante di yoga diplomata: per Yoga Hub Trento scrivo di yoga fuori dal materassino – ovvero, come vivere la vita reale con un approccio sano; e come stare bene anche fuori dalla lezione di yoga, non solo quando siamo sul tappetino
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