Gestire la morte, ed arrivare alla speranza

Gestire la morte: Francesca, nel suo ultimo post ce ne parlava e menzionava (a ragione) come proprio la morte sia il grande tabù della nostra epoca storica.

Curioso no? Fino a qualche decennio fa il tabù era il sesso. Adesso quello è stato sdogato, ed abbiamo rimosso un’altra esperienza fondamentale del nostro essere umani.

Oggi voglio proporti un articolo che parla di gestione della morte; e poi accompagnare una riflessione sulla speranza.

La morte come tabù

Da quando è iniziata la pandemia siamo tornati in contatto con la dimensione della malattia e della morte. Dimensioni che, nel tempo, avevamo sempre più cercato di mettere ai margini delle nostre vite: i malati in ospedale o nelle strutture preposte, gli anziani nelle case di riposo, chi muore raramente lo fa in casa.

[Non sto esprimendo giudizi di valore, sto solo esplicitando un dato di fatto. Se già leggendo la frase “gli anziani nelle case di riposo” ti è partito l’embolo, prova a pensare a cosa c’è dietro: sensi di colpa, preoccupazioni, senso di impotenza, frustrazione…? Di cosa ti parlano queste emozioni?]

Lo storico medievalista Philipp Ariès divide la morte in due momenti storici: la morte selvaggia, che è quella che viviamo ai giorni nostri. Si tratta della morte di cui non parliamo, che rimuoviamo dal discorso collettivo, cercando di nasconderla (e di nasconderne i corpi) a tutti, soprattutto ai bambini. E poi c’è la morte addomesticata, che era quella di una volta: in casa, insieme ai propri cari; con tempi e modi che permettevano l’elaborazione collettiva ed individuale di quello che stava succedendo.

Nel Medioevo erano più avanti di noi a gestire la morte?

Forse paradossalmente sì. Pensa che tra la prime pubblicazioni (appena è stata inventata la stampa) troviamo i libri di “artes moriendi”, dei veri e propri best-seller dell’epoca che aiutavano le persone a prepararsi alla morte. Se vuoi approfondire questo argomento, gli storici Alessandro Barbero ed Andrea Zannini ne parlano in maniera leggera ed interessante in questo podcast.

Perché tornare a parlare della morte, e renderla visibile nella vita, può esserci utile? Cercando su Google “gestire la morte” gli articoli che ne escono sono spesso relativi al superamento della morte. Ecco no, non credo che la morte si superi. La morte è. Come ogni esperienza della nostra vita va accettata e digerita. Parlare della morte ci aiuta in questo processo, evita che ci resti sullo stomaco. Negare il dolore è una prima fase che attraversiamo tutti e ci sta, ma poi ci dev’essere dell’altro.

Il dolore ci può travolgere, e ci sta. Se hai perso delle persone care e ti sembra di non riuscire a farci il giro, chiedi aiuto: a Trento lavora molto bene l’associazione AMA, per esempio. Personalmente quest’anno ho perso quattro persone care. Oltre al coaching mi ha aiutato respirare – respirare davvero. Il respiro è la prima cosa che si blocca col dolore, ci hai mai fatto caso? E respirare è vivere, a livello simbolico. Con Massimo Ruzzenenti sulla community FB di Yoga Hub abbiamo iniziato un mini corso gratuito dedicato proprio a questo: non si concentra sul dolore, ma “solo” sul respiro, ed è davvero uno strumento utile. Gli incontri sono registrati per cui potrai guardarli quando vorrai.

Prime e dopo un momento di crisi

La speranza come atto di fiducia

Il dolore ci fa provare tristezza, e questa è una delle sei emozioni base del nostro sistema: la viviamo tutti e tutte, a prescindere dalla cultura di appartenenza. Serve a riprendere fiato, a ricaricare le energie.
E poi, passata e accettata l’onda o lo tsunami di dolore che implica la morte di qualcuno, arriva la speranza. Non sempre però: la speranza purtroppo non ci viene fornita alla nascita. La dobbiamo costruire.

La speranza è un atto di fiducia volto al futuro. Non sappiamo come andranno le cose, non sappiamo quando e come staremo di nuovo bene davvero dopo la morte di una persona cara. Ci fidiamo del fatto che prima o poi staremo meglio, ed in questa fiducia c’è tutta la speranza – seppur in mezzo al dolore. Parti da te stessa, dal qui ed ora: un giorno alla volta, un passo alla volta.

Cosa puoi e vuoi fare oggi che ti faccia stare bene? Cantare? Tornare a praticare uno sport che hai lasciato andare da tempo? Qualsiasi cosa sia, inizia a pensare come inserirla nelle tue giornate. Non per raggiungere un obiettivo in particolare, solo per coccolare te stessa. La speranza si nutre di fiducia e amore, e si costruisce un passo alla volta.

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