KAPHA, il dosha del pigrone

Ti danno mai del bradipo? Se la tua flemma è proverbiale, potresti essere dominato da kapha dosha. Secondo l’Ayurveda, questo tipo di flusso è determinato dall’energia di acqua e terra e ha la funzione di dare stabilità e di creare coesione nell’organismo.

La caratteristica principale di kapha è la pesantezza. La tendenza ad accumulare energia provoca lentezza, fino all’inerzia. Si tratta di qualità da non intendersi in senso negativo, in quanto sono necessarie per assolvere le funzioni che gli competono: creare coesione in determinati processi organici e fornire stabilità nell’organismo laddove è necessaria. Come per gli altri dosha, problemi possono eventualmente sorgere se un eccesso o una carenza ne impediscono il funzionamento ottimale.

Kapha dosha, in generale, predomina nel corpo umano dalla nascita fino circa ai 20 anni. Una fascia di età importantissima per lo sviluppo psico-fisico dell’individuo. E sappiamo quanto quello che avviene a livello corporeo influisca poi su altre dimensioni, per il tramite della memoria. La struttura scheletrica, l’integrità dei tessuti, la regolazione dei fluidi corporei, sono tutte funzioni di competenza di tale dosha. Allo stesso modo, la solidità, l’integrità e l’equilibrio in termini emotivi dipendono in gran parte da esso.

Come contattare il nostro “centro di gravità permanente”

Perché certi processi si compiano a livello organico è necessario del tempo. Tutto ciò che ha a che fare con la materia risente della densità della sua composizione: le vibrazioni energetiche a questo livello sono più grossolane. L’energia fluisce in modo rallentato rispetto ad altri veicoli, come l’aria o l’etere. La pazienza è una disposizione che viene alimentata dal buon funzionamento di kapha dosha: chi è paziente onora il tempo necessario al compiersi delle cose, sa mettersi in sintonia con il ritmo dei processi naturali, nutre fiducia nell’intelligenza del flusso della vita.

“Cerco un centro di gravità permanente, che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose, sulla gente…” cantava il grande Battiato. Tutti cerchiamo quel centro. Tutti sotto sotto percepiamo l’inesorabile fuggire del tempo e il trasformarsi delle cose e allora desideriamo stabilità. Spesso cerchiamo erroneamente quella stabilità nelle cose esterne, in quanto la loro materialità ce ne dà l’illusione. Solo chi riesce a vedere oltre, sa che quella stabilità è effimera e che il “centro di gravità” va cercato altrove.

“Cercare la felicità all’esterno di noi stessi è come cercare di prendere al laccio una nuvola”, insegna Paramhansa Yogananda. Far dipendere la nostra soddisfazione da acquisizioni materiali o riconoscimenti mondani non ci consente di colmare quel desiderio (dal latino de-sidus/sideris = sentire la mancanza delle stelle) di pienezza a cui tutti aneliamo. Eppure, la nostra società con il suo modello di “felicità prêt-à-porter” ci insegna diversamente e non è facile orientarsi…

La sfida più grande che si trova a vivere chi vuole sinceramente muoversi verso la “realizzazione” è non far dipendere la propria felicità dal conseguimento di un bene materiale e, al contempo, non estraniarsi dalla realtà nella quale vive. Spesso, chi dice di essere su un sentiero spirituale compie quello che viene definito by-pass spirituale. Crede cioè che sia sufficiente tagliare i ponti con la propria dimensione corporea per entrare, come per magia, nella dimensione eterea. Il distacco dalle cose materiali è qualcosa che avviene nel profondo e per attuarlo bisogna passare dal corpo. Solo così si potrà autenticamente spiccare il volo e trovare quel centro di gravità permanente che non deluda. Spiccare il volo restando ancorati a terra: una contraddizione solo apparente per chi guarda le cose oltre la dimensione duale.

Le funzioni di Kapha

Quindi kapha serve a tenerci coi piedi per terra, a ricordarci che quello che il nostro corpo sta vivendo è quello che la nostra anima deve vivere. Forse ora è più facile comprendere come sia un eccesso sia una carenza di questo dosha ci possono allontanare dalla meta. Nel primo caso, saremo fortemente attratti da tutto ciò che è materiale e tenderemo a indurre nei piaceri dei sensi in maniera smodata oppure diventeremo pigri e apatici, senza lo slancio necessario per fare degli oggetti dei sensi il trampolino di lancio per un’ulteriore comprensione. Nel secondo caso, al contrario, faremo fatica a stare coi piedi per terra, diventeremo dei fuggitivi inconcludenti.

Un buon funzionamento di kapha va ovviamente equilibrato con quello degli altri dosha. Come abbiamo visto in questa serie di articoli, tutti e tre contribuiscono non solo a espletare processi organici fondamentali per la nostra sopravvivenza, ma anche a gestire dinamiche fondamentali per la nostra esistenza. Secondo l’Ayurveda, il nostro organismo è un veicolo e serve per raggiungere la meta ultima della vita sulla terra. Per questo motivo, va tenuto in buona salute grazie ai suoi suggerimenti, non per esigenze di tipo estetico o salutistico fini a se stesse.

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