Le giornate si stanno accorciando e da un giorno all’altro si sono abbassate anche le temperature. Un po’ di voglia di stare a casa e di raccoglimento è tornata. E ora, quando guardo gli alberi che stanno perdendo le foglie mi ricordo di quanto siano importanti le radici. Quei rami nodosi e intricati che si avviluppano in profondità tra le zolle di terra, così importanti per la vita eppure così nascosti.
“L’arte ci prende per mano”
C’è un’artista che più di altre associo alla parola “radici”. È Maria Lai, poliedrica donna sarda, che il 27 settembre scorso avrebbe compiuto centouno anni. Nata nel piccolo villaggio di Ulassai, incastonato tra i monti dell’Ogliastra, circondata da fate e leggende ancestrali, Lai è una bambina che ama il silenzio e la solitudine. Studia arte in “continente”, a Roma e a Venezia, e il successivo ritorno sull’isola sarà per lei segnato dal disorientamento e dalla sofferenza. Ma è proprio attingendo alle sue radici culturali che prenderà forma il suo linguaggio artistico. Un linguaggio che rivela un’intensa ricerca interiore ed esprime un indissolubile legame con la tradizione sarda. Lai sperimenta nelle sue originali creazioni strumenti e materiali propri delle attività tradizionali femminili: le ceramiche, i ricami, il telaio. Particolarmente suggestivi sono, secondo me, i suoi libri: pagine di stoffa ricamate che recano un linguaggio asemantico, pensate per essere sfogliate e costantemente interpretate. Il cucito, attività domestica tradizionalmente femminile, si innesta nel libro, emblema del codificato sapere occidentale da cui la donna per lungo tempo è stata relegata in una posizione di subalternità. Protagonista è il filo che unisce tra loro le pagine e traccia immagini e parole, incoraggiando la fantasia e proponendo esplorazioni di mondi possibili. Sì, perché, in questa scoperta, come recita una sua scritta cucita in bianco su una lavagna di stoffa nera, “l’arte ci prende per mano”.

Legarsi alla montagna: il nastro blu
Legarsi alla montagna è la performance artistica che da’ a Maria Lai notorietà internazionale. È il 1978 quando il sindaco di Ulassai commissiona un monumento ai caduti. Maria Lai accetta di impegnarsi ma propone un’opera che sia per i vivi, ma soprattutto da realizzare con i vivi. Nasce così la prima azione di arte relazionale in Italia. L’artista si lascia ispirare da un’antica leggenda popolare. La storia narra di una bambina che riuscì a salvarsi dalla caduta di una frana grazie ad un filo azzurro portato dal vento. E così l’8 settembre del 1981, assieme agli abitanti di Ulassai, fa passare un nastro azzurro di casa in casa, fino al monte Gedili, la montagna più alta che sovrasta l’abitato. Per un giorno gli abitanti sono intimamente cuciti tra loro e al proprio monte, alle sue frane e alla sua aspra bellezza, celebrando un momento di unità tra passato e presente, e tra Uomo e Natura. Con la sua arte Maria Lai è arrivata là dove religione e politica non possono arrivare. Ha proposto alle persone di ripensare collettivamente la memoria storica, ma ha anche chiesto loro di riflettere sul vivere assieme futuro.

Relazioni e radici
Il messaggio che le opere di Maria Lai ci lasciano è potente: avere il coraggio di essere autenticamente noi stessi, senza mai dimenticare l’imprescindibile essenzialità del rapporto con gli altri, a cui il nostro destino è, con filo invisibile, legato. Tornare alle radici diventa allora anche un ri-tornare alle relazioni, un consapevole aprirsi agli altri e interrogarci su quale cammino vogliamo percorrere assieme. “C’è chi nasce con una particolare esigenza, quella di essere fuori dal mondo, di non rispondere a tutte le leggi che governano la società. Costui scopre lentamente che qualunque assetto gli è proibito e inizialmente si sente condannato. Quando però capisce questo è salvo. Quando capisce che non essere di qualcuno significa essere universale, essere più vasti, allora ha trovato la felicità”, dice durante una delle sue ultime interviste.
Se la figura di Maria Lai ti ha affascinata, ti consiglio di visitare la mostra Andando Via. Omaggio a Grazia Deledda, ospite al Mudec di Milano fino all’11 ottobre. Venticinque realtà tessili sarde, in un’operazione collettiva senza precedenti, hanno riprodotto l’ultima opera d’arte pubblica realizzata da Maria Lai nel 2011, a Nuoro, dedicata ai personaggi femminili dell’autrice Grazia Deledda.

Giallo come i granelli di sabbia del deserto e verde come le foglie degli alberi che ricoprono le nostre montagne, questi sono i due colori che userei se mi disegnassi. Nomade ma sempre alla ricerca di un posto che sappia un po’ di “casa”, amo viaggiare senza una meta precisa, conoscere le storie delle persone che incontro e mangiare sano. Adoro leggere e imparare – nell’incessante ricerca di risposte alle infinite domande che affollano la mia mente – e per questo mi ritaglio sempre un po’ di tempo per studiare. Mi sono laureata in filosofia e ora lavoro come operatrice culturale: è bello pensare ad un evento e progettarlo giorno dopo giorno fino alla sua realizzazione. Per il blog di Yoga Hub raccolgo alcuni spunti su come l’arte possa essere benefica per la nostra mente e il nostro corpo.
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