L’insostenibile leggerezza dell’etere

Se l’energia legata all’elemento aria ha a che fare con l’armonia, l’equilibrio tra il dentro e il fuori, quella che a livello fisiologico è l’omeostasi, l’energia legata all’etere ha carattere essenzialmente espansivo, è più rarefatta, evanescente. Per poterla percepire, bisogna affinare ulteriormente la sensibilità; per sintonizzarsi sulla sua lunghezza d’onda, occorre entrare in quello “spazio” fatto di silenzio. L’etere rappresenta una dimensione che è al contempo dentro e fuori di noi.

Non è facile parlare di questo elemento, anche perché propriamente non si tratta di un elemento come gli altri. E non può neanche essere considerato semplicemente come lo spazio entro il quale gli elementi si manifestano, in quanto essi ne sono allo stesso tempo costituiti. Che ci sia spazio tra le particelle più piccole e infinitesimali della materia è ormai assodato. La teoria quantistica ha, infatti, rivelato che a livello subatomico esiste un mondo spiegabile in termini di onde, oltre che di particelle. Onde, cioè vibrazioni, costituiscono la trama sottile del mondo creato.

L’etere è il “campo” che contiene e, al contempo, quella “sostanza” intrinseca alle cose contenute. Come sopra, così sotto (Ermete Trismegisto), come in cielo così in terra : diverse sono le espressioni che richiamano tale concetto. Espressioni che possono forse sembrare di stampo esoterico, ma che acquistano un significato più tangibile se pensiamo che una scienziata come Margherita Hack ha affermato che noi “siamo polvere di stelle”. Siamo cioè fatti della stessa materia (sostanze minerali) che compone i corpi celesti presenti nel nostro universo, viviamo nell’universo e ce lo abbiamo dentro… WOW !

Forse intendeva questo Gesu’ quando diceva ai suoi discepoli: “Rimanete in Me e io in voi.” (Gv 15.4). Una frase che dal punto di vista teologico richiama il complesso discorso relativo al carattere immanente e/o trascendente della divinità rispetto alla sua creazione. Una frase che, invece, dal punto di vista dello yogin risuona interiormente, rivelando una profonda verità.

Nel corpo sottile è il quinto chakra, vishudda, a essere collegato all’elemento etere. Posizionato nella zona della gola, tale chakra governa il senso dell’udito. Quando la nostra energia fluisce in modo armonioso a questo livello, possiamo sentire una sensazione di pace e di espansione. Lasciandoci assorbire da quella sensazione, entriamo in uno spazio in cui il silenzio ha un suono, uno spazio che non ha confini e nel quale semplicemente vibriamo.

Comunicazione e creatività sono espressioni dell’operare in noi dell’elemento etere. Quindi, insegnanti e artisti hanno un quinto chakra particolarmente sviluppato. Il potere della parola e la forza creativa che emana da un’opera d’arte rappresentano perfettamente le qualità dell’energia associata all’elemento etere.

Il suono del silenzio

matsyāsana

Diversi asana lavorano sul quinto chakra attraverso l’espansione della gola. Eccone alcuni: Matsyāsana, la posizione del pesce; Parivrtta Janu Sirsāsana e altre torsioni che coinvolgono anche la zona cervicale.  Nell’AnandaYoga, a Matsyāsana è associata la seguente affermazione: “La mia anima fluttua su onde di luce cosmica”. E quando, nella posizione, raggiungiamo il nostro livello massimo e accettabile di sforzo, possiamo provare proprio una sensazione di espansione luminosa, come di galleggiamento senza peso.

Ci sono poi asana, per lo più inversioni, nei quali si distende la parte posteriore del collo: Sasamgāsana, la lepre, Sarvangāsana, la candela e alcune varianti, come per esempio, Halāsana, l’aratro o Karnapidāsana, con le ginocchia che vanno a chiudere le orecchie. Queste posizioni di chiusura della parte anteriore del corpo lavorano sull’elemento etere, non solo perché vanno a distendere la zona cervicale, ma anche perché inducono un raccoglimento interiore. Nel volgere lo sguardo a quello spazio interno, infinito e silenzioso, ci ritroviamo nella nostra dimensione eterea.

Facendo hatha yoga, attiviamo comunque l’elemento etere ogni volta che provochiamo un allungamento, in quanto andiamo a creare spazio all’interno del corpo: tra vertebra e vertebra, nei tessuti, tra gli organi. Quello spazio risuonerà in noi nel momento in cui, al termine dell’esecuzione, ci porremo in ascolto. Il senso di pace e il silenzio avvolgente che a volte percepiamo dopo la pratica è la più bella manifestazione dell’elemento etere in noi.

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