Solidità, stabilità, fermezza sono qualità dell’elemento terra. La sua energia nutre in particolare l’apparato osseo, che costituisce la struttura del nostro organismo corporeo. Quella che fluisce per muladhara, il chakra della radice, è l’energia che dona sicurezza, la sicurezza che deriva dalla soddisfazione dei nostri bisogni materiali, legati alla sopravvivenza. Sentire i propri bisogni essenziali è un imperativo per chi pratica yoga. La società odierna propone dei bisogni artefatti, ha cioè letteralmente “creato” bisogni la cui soddisfazione ne garantisce la riproduzione.
Pensiamo, per esempio, ai vestiti che compriamo: ne avevamo proprio bisogno o dovevamo assolutamente avere l’ultimo capo alla moda? Pensiamo anche ai travestimenti che indossiamo, ai ruoli che ricopriamo nella nostra vita: quanti ci appartengono veramente e ci fanno sentire bene con noi stessi e quanti ce li siamo cuciti addosso in vista di qualche obiettivo eterodiretto ? Siamo ancora capaci di sentire i nostri bisogni essenziali – fame, sete, riposo, pace ? É importante riconoscere la natura di quello che ci muove e capire se si tratta di sfizio o di necessità. Poi siamo liberi di scegliere, consapevoli del fatto che forse stiamo assecondando un bisogno indotto.
Negli Yogasutra di Patanjali, tra le prescrizioni da osservare (in sanscrito, yama) c’è brahmacarya. Spesso tradotto come astensione dall’attività sessuale, può essere inteso in senso lato, come riferito a tutti gli impulsi corporali. Ciò che richiede tale yama è la moderazione nel soddisfacimento degli impulsi, il concedersi il giusto, quello che serve. Se leggiamo il termine brahmacarya in positivo, invece che come imposizione (non devi avere rapporti sessuali, devi digiunare, etc.), ne risulta un’invocazione al brahman. Questo termine si riferisce al “venire in essere del reale” (V.Ferrero, in “Le parole dello yoga”, 2021), cioè a quel principio da cui tutto prende origine. Allora, praticare brahmacarya diventa una sorta di ritorno alle basi… back to basics. Solo così, abbandonando le false sicurezze che ci procurano oggetti e titoli, che ci separano dalla nostra natura autentica, potremo preservare il nostro vigore (in sanscrito, vīryalābha), come rivelato in Yogasutra II.38.

Come sviluppare le qualità dell’elemento terra e ritrovare il vigore
Nell’hatha yoga c’è una posizione che comunica le proprietà dell’elemento terra, se viene assunta con presenza e consapevolezza. Tadasana viene spesso indicata come la posizione della montagna. In sanscrito, tadā significa “così”. Quindi tadasana sarebbe la posizione dello “stare così!”, cioè su due piedi. Quando lo dico a lezione, spesso mi guardano perplessi. Posso leggere nei loro sguardi l’interrogativo: “Ma come, dovevo venire a fare yoga per imparare a stare in piedi ?!” Quando poi chiedo di provare a rilassare un po’ di più la muscolatura delle gambe e dei glutei e sentire il peso del corpo che si scarica sotto la pianta dei piedi e, quindi, percepire un senso di maggiore stabilità a terra, gli sguardi si trasformano da perplessi in stupiti; piacevolmente stupiti… di stare in piedi praticamente senza sforzo.
L’elemento terra in noi induce un senso di radicamento. Le posizioni di equilibrio dell’hatha yoga lavorano su questo aspetto. Mi piace molto la sensazione che si prova in vrksasana, l’albero: mentre sento un forte radicamento a terra tramite la gamba che mi sostiene, posso percepire lo slancio verso l’alto del busto. L’importanza di porre delle fondamenta solide non è solo una regola che si applica in campo edilizio o architettonico, ma anche al corpo umano. Questo vale per ogni realizzazione che vogliamo raggiungere.
Per innalzarsi, bisogna scendere, come sa bene Dante che, prima di poter “uscir a riveder le stelle”, ha dovuto attraversare l’intero baratro dell’Inferno. Ciò che porta via vigore è tagliare i ponti con le proprie radici, non stare bene coi piedi per terra e disperdere energie per compensare quello che non vogliamo sentire. Invece, come ci insegna il regno vegetale, dobbiamo stabilire un buon rapporto con la materia di cui siamo fatti e da cui traiamo nutrimento e sostanza.

Il ruolo della memoria corporea
Un’importante dimensione legata all’energia dell’elemento terra è quella della memoria. La memoria vive nel corpo e pervade tutta la materia vivente, come ha reso artisticamente Saba Najafi in un’opera ispirata a un albero reciso. Un’opera alla quale ho contribuito con un audio di meditazione guidata e che mi ha fatto riflettere proprio su questo aspetto. Si dice, infatti, “rimembrare” per indicare quella particolare forma di memoria corporea che è spesso autonoma e scollegata sia dalla memoria sentimentale (per cui usiamo il verbo “ricordare”) sia dalla memoria prettamente mentale (per cui usiamo il verbo “rammentare”). E’ un tipo di memoria profonda, di cui spesso non siamo consapevoli.
Negli Yogasutra, ci si riferisce a smŗti come a una delle cinque tipologie di vŗtti. Come le altre vorticosità di citta, anche smŗti dev’essere “nirodizzata” grazie allo yoga (il riferimento è a YS I.2: yogaś cittavŗttinirodhah). Essendo citta il nostro sistema corpo-mente, è chiaro che Patanjali, nel parlare di memoria come vŗtti di citta, si riferisca anche a quella annidata a livello corporeo. Come le altre vŗtti, anche smŗti può essere di carattere afflittivo (in sanscrito, klișța) o non afflittivo (in sanscrito, aklișța): ossia, darci un senso di malessere oppure essere piacevole. Indipendentemente dal carattere che assumono, tuttavia, Patanjali ci chiede di neutralizzare tutte le vŗtti.
Molti dei nostri problemi esistenziali e relazionali sono dovuti a memorie intrappolate nel corpo che danno vita a schemi di reazione che ripetiamo inconsapevolmente. Per disinnescarli dobbiamo innanzi tutto smascherarli. Lo possiamo fare consentendoci di sentire le emozioni che proviamo mentre li mettiamo in atto. Dobbiamo imparare a stare, proprio come in un asana, mentre quelle emozioni si esprimono (dal latino ex premĕre, premere verso l’esterno). Fino ad arrivare al punto di riconoscere, dietro la manifestazione cui danno vita nel nostro corpo, un bisogno antico, magari soffocato da paure ed esigenze che hanno preso il sopravvento in passato; paure ed esigenze che, guarda caso, hanno a che fare con bisogni essenziali. Liberarci da schemi inconsci e comportamenti condizionati, solo così possiamo riconnetterci con l’elemento terra e riportare la sua energia a fluire armoniosamente in noi.

Curiosa di natura e ballerina nei sogni di bambina, con lo yoga ha trovato la sua dimensione ideale, potendo conciliare la sua passione per lo studio con la ricerca della flessibilità corporea. Infatti, all’approfondimento della teoria (si è specializzata con il Master in YogaStudies. Corpo e Meditazione nelle tradizioni dell’Asia dell’Univerità Ca’Foscari di Venezia) ha affiancato la formazione da insegnante di yoga. Si è inoltre diplomata all’Accademia di Raja Yoga di Ananda Assisi, acquisendo e imparando a trasmettere le tecniche meditative insegnate da Paramhansa Yogananda. Continua incessantemente a studiare e a sperimentare; convinta che la meditazione e la pratica della presenza sia la chiave per un’espansione della consapevolezza.
Leave a comment