L’acqua non ha una forma propria, assume quella del recipiente che la contiene. L’acqua, se pura, è trasparente, ci si può vedere attraverso. L’acqua ha il potere di infiltrarsi dove non è permeabile e di levigare anche la materia più dura. Se non ci sono argini che la trattengano, l’acqua scorre. L’acqua scivola, scioglie, lava. Adattabilità, flessibilità, trasparenza, purezza, fluidità: queste le qualità dell’elemento acqua in natura. Possiamo ritrovare le stesse caratteristiche nel nostro corpo sottile se l’energia legata all’elemento acqua scorre in modo armonioso. I nostri atteggiamenti, soprattutto nelle relazioni interpersonali, rivelano molto di come si muove in noi questo tipo di energia.
Il chakra che sovraintende il flusso energetico legato all’elemento acqua, non a caso collocato nella zona del bacino, si chiama svadisthana. Vengono date diverse traduzioni di questo termine. In sanscrito –sva significa “proprio”. Un’accezione sarebbe, pertanto, “che sta nella propria sede”. Secondo la fisiologia sottile, siamo nell’ambito delle emozioni, quelle sensazioni psicofisiche che ci fanno letteralmente muovere, spesso in modo inconsulto. Se l’acqua è calma, invece, non c’è movimento che turbi. L’azione che mettiamo in atto in seguito al sorgere di un’emozione diventa allora una risposta consapevole, non una reazione automatica. In altre parole, possiamo sfruttare la portata della carica emotiva e affidarci al suo flusso cavalcando l’onda. Un po’ come fare surf…
Le emozioni rivelano importanti segnali sul nostro stato psicofisico. Imparare a decifrare il messaggio di cui sono portatrici è fondamentale per vivere con maggiore consapevolezza. Per comprendere quel messaggio e vedere in fondo a noi stessi che cosa ci muove, dobbiamo appunto “calmare le acque”. Proprio come quando la superficie di un lago è limpida ci sono due livelli che s’intersecano: le immagini di ciò che sta sopra e intorno, che si riflettono sullo specchio d’acqua, e quello che giace sul fondo, che emerge chiaramente.
Fluire nella vita
Come ho già rilevato in un precedente articolo, Patanjali sostiene che, con lo yoga, DRAȘȚUH SVARUPE ‘VASTHĀNAM (Yogasutra I.3). Ossia, colui che vede (drastuh) dimora nella forma (rupa) che gli è propria (sva). Sva-rupa, la forma propria, si contrappone alla forma che assumiamo quando ci “conformiamo” all’ambiente (esterno, fatto di circostanze materiali e di convenzioni sociali, e interno, frutto dei condizionamenti derivanti dal vissuto personale e dall’educazione). Patanjali, e con lui molte delle tradizioni ascetiche, chiedendoci di dismettere le nostre forme abituali, che in fondo non ci corrispondono, ci sta chiedendo di restare senza forma. Il che, se pensiamo al discorso dell’acqua che si adatta al contenitore, ha perfettamente senso. Ma che cosa significa esattamente? L’idea di diventare informi, può forse far paura. Infatti, se siamo troppo identificati con la forma (immagine, ruolo) che ci siamo dati, ci potrebbe sembrare di scomparire.
E allora torniamo a pensare all’acqua, torniamo a posizionarci lungo la colonna astrale dove sono collocati i chakra principali e ricordiamoci che siamo solo al secondo. Assumere le sembianze dell’acqua è un presupposto, come il radicarsi bene a terra, per poter andare oltre lungo il cammino evolutivo e arrivare a esprimere appieno quello che siamo.

Prendere le sembianze dell’acqua significa assumere un atteggiamento fiducioso, affidarsi al flusso della vita. Se impariamo a non fare resistenza a quello che ci viene incontro nella vita; se impariamo ad accettare con una disposizione benevola quanto ci succede, sapremo vedere dietro ogni circostanza un’opportunità. Magari non sono esattamente le opportunità che avevamo immaginato, ma, sono quelle di cui abbiamo bisogno per evolvere. Allora, invece di opporci, lasciamo che accada e scopriamo cosa succede dentro di noi.
Lo yoga sul tappetino, un approccio bottom-up
Lavorando sul corpo possiamo sviluppare le attitudini proprie dell’elemento acqua. L’hatha yoga ci suggerisce alcune posizioni che consentono di unire la ricerca della flessibilità corporea con la calma del raccoglimento interiore: sono i piegamenti in avanti. Con Pashimottanasana, per esempio, mentre ci flettiamo dal giunto femorale, allunghiamo tutta la parte posteriore del corpo (pashima in sanscrito significa occidente; infatti, la parte posteriore del corpo è considerata rivolta a occidente). Col corpo ci chiudiamo come una pinza, ma lasciamo il petto morbido, lo sguardo può così rivolgersi verso l’interno.
Anche le posizioni che lavorano sull’apertura del bacino vanno a sviluppare le qualità dell’elemento acqua in noi. Baddha Konasana, Malasana e Upavista Konasana sono ottime a questo riguardo. La mia preferita, tuttavia, è Ardha Chandrasana, la posizione del guerriero che si piega lateralmente per raccogliere una falce di luna da lanciare, nella battaglia cosmica, al suo nemico. La sensazione di apertura fiduciosa che suscita questo asana è fantastica! Ti senti autosostenut*, senza capire bene come sia possibile stare su una sola gamba, con il bacino ben aperto e le braccia spalancate; è come essere una stella che galleggia nel multiverso.

Ecco cosa significa affidarsi al flusso della vita! Avere il coraggio di cavalcare l’onda con la fiducia incrollabile, perché sperimentata su se stessi, che la corrente conduce nel posto giusto. Il trucco è assecondare quel flusso, sviluppando la flessibilità necessaria a non arroccarsi sulle proprie posizioni e, nello stesso tempo, rendere sicuro il proprio incedere. Uno stile di yoga particolarmente indicato a questo scopo è il vinyasa o Yoga Flow, che coordina i movimenti del corpo con il ritmo del respiro.
Se vuoi lavorare su questo aspetto, ti consiglio questa pratica di yoga flow.
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Curiosa di natura e ballerina nei sogni di bambina, con lo yoga ha trovato la sua dimensione ideale, potendo conciliare la sua passione per lo studio con la ricerca della flessibilità corporea. Infatti, all’approfondimento della teoria (si è specializzata con il Master in YogaStudies. Corpo e Meditazione nelle tradizioni dell’Asia dell’Univerità Ca’Foscari di Venezia) ha affiancato la formazione da insegnante di yoga. Si è inoltre diplomata all’Accademia di Raja Yoga di Ananda Assisi, acquisendo e imparando a trasmettere le tecniche meditative insegnate da Paramhansa Yogananda. Continua incessantemente a studiare e a sperimentare; convinta che la meditazione e la pratica della presenza sia la chiave per un’espansione della consapevolezza.
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Sandra Gabriele
Grazie Mara, ho molto apprezzato questo articolo. Soprattutto l’idea del flusso, dell’accettazione di ciò che arriva e accade (poiché ci devo ancora molto lavorare sul “lasciare andare il controllo” e accogliere ciò che “arriva” al di fuori dei miei programmi e aspettative. Sarò felice da gennaio di poter provare con te questa asana. Grazie ancora. E, buon natale ??
Mara Valenti
Grazie Sandra per il tuo commento!
L’hatha yoga può fare molto per sviluppare la flessibilità necessaria al “lasciar andare”. E in generale lo yoga come metodo di realizzazione del Sè.
Ti aspetto sul tappetino quindi 😉
Buon Natale anche a te ✨?✨