Ti scaldi facilmente, anche in senso metaforico, di fronte a qualcosa che ti provoca fastidio o disagio ? Sei tendenzialmente caloros* ? Allora, forse, il tuo dosha prevalente è pitta. Secondo l’Ayurveda, questo tipo di flusso è governato dagli elementi acqua e fuoco e assolve le funzioni di tipo metabolico nel corpo.
Un buon funzionamento di pitta consente di dosare l’energia in maniera ottimale. Pitta non la esaurisce facilmente come vata, né tende ad accumularla come kapha, piuttosto la usa in maniera funzionale allo scopo. Il suo campo di competenza sono i processi di trasformazione nell’organismo. Sia il modo in cui digeriamo il cibo che ingeriamo, sia il modo in cui elaboriamo le esperienze che viviamo, dipende da pitta dosha.
Risulta allora evidente che una carenza a livello di pitta renderà difficile o lenta la “digestione”, mentre un eccesso provocherà una sorta di incendio. Il fuoco, per scaldare, cuocere e trasformare le sostanze con cui viene a contatto, dev’essere controllato, alimentato continuamente. La fiamma non deve spegnersi prima della fine del processo, né lasciata divampare: abbiamo bisogno di quella fiamma a tanti livelli dell’esistenza.
Come alimentare la fiamma del nostro fuoco sacro
Come per gli altri dosha, alcuni tratti del carattere risultano influenzati dal modo di operare di pitta. La tendenza ad arrabbiarsi facilmente e a dare sfogo alla propria irritazione, indica indubbiamente una prevalenza di questo dosha. Spesso le persone convivono con la loro rabbia, la manifestano di continuo, magari senza neanche rendersi conto dell’aggressività che emanano, perché fa parte del loro normale modo di porsi di fronte alle circostanze. La rabbia è un’emozione particolare, le cui cause andrebbero approfondite per eventualmente introdurre dei meccanismi correttivi.
Quello che possiamo fare rivolgendoci all’ayurveda è adottare comportamenti virtuosi in termini di alimentazione e modalità di azione. Se, per esempio, abbiamo una tendenza alle infiammazioni, possiamo limitare quei cibi e quei gusti che tendono a esaltare pitta dosha. Non eccedere coi sapori speziati o piccanti, prediligere cibi crudi che tengano impegnato il sistema digerente, dare preferenza a cibi e bevande fredde, sono solo alcune indicazioni di massima che possono essere seguite.
Dovremmo però guardarci dal considerare questa disciplina come normalmente intendiamo la medicina allopatica. La disfunzione che il nostro organismo manifesta a livello fisiologico o di atteggiamenti mentali rivela che esiste una disarmonia e l’obiettivo ultimo non è tanto rimuovere il sintomo, quanto ripristinare l’equilibrio. Come abbiamo osservato parlando di vata, generalmente dobbiamo fare i conti con le tendenze congenite dettate dalla nostra prakriti. Alcuni tratti fisici e caratteriali contraddistinguono il nostro essere e non è sempre possibile, né auspicabile, eliminarli. Dobbiamo quindi considerarli come risorse e fare in modo che diventino nostri alleati. Ciò che va tenuto sotto controllo, piuttosto, è la tendenza a uno squilibrio eccessivo.

Se sei un tipo fondamentalmente pacifico, che non cerca il conflitto e raramente si inalbera, potrai mangiare speziato e piccante fin che vuoi, non diventerai mai una divinità terrifica. In questo caso, potrebbe piuttosto porsi il problema di riuscire a reagire adeguatamente di fronte a un sopruso. La scarsa attitudine ad arrabbiarti non deve portarti irrimediabilmente nella posizione di subire. Potrebbe allora essere utile trovare un modo per rinvigorire la “fiamma”: il lavoro sull’elemento fuoco dovrebbe accompagnarsi probabilmente al rafforzamento del senso di identità, aumentando il radicamento e la consapevolezza dei propri bisogni.
Nello yoga posturale, lavoriamo sull’elemento fuoco, e quindi influenziamo pitta, attraverso diversi strumenti. Gli asana di forza, in particolare, sono molto efficaci. Anche alcuni tipi di pranayama, come kapalabhati o bhastrika, agiscono a questo livello. Uno stile di yoga particolarmente indicato è il Kundalini Yoga. Da questo punto di vista, la pratica yoga può essere integrata nelle eventuali terapie adottate in Ayurveda.
Secondo l’Ayurveda, tutte le malattie possono essere ricondotte a una debolezza nel fuoco digestivo (agnymandya). Tale fattore fa sì che il cibo non venga adeguatamente assimilato e produca tossine (ama). Importanti, per questo motivo, sono le tecniche di purificazione dell’organismo, dette pancakarma. Tali tecniche si applicano in maniera differenziata a seconda del tipo di squilibrio in atto. Diversamente dalla nostra medicina, che interviene quando ormai la patologia si è manifestata e mira a rimuovere il sintomo, l’Ayurveda prevede dei rimedi di “ordinaria manutenzione”, che servono cioè a prevenire piuttosto che a curare dai malanni. L’organismo deve essere costantemente purificato e le tecniche applicate anche quando ci troviamo in uno stato di salute. Da questo punto di vista, è molto bella l‘immagine che ci rimanda l’Ayurveda del nostro corpo come un tempio sacro. L’offerta giornaliera di cibo al fuoco della digestione è da considerarsi un rito sacrificale, che consente di mantenere l’armonia nel nostro microcosmo, proprio come ai tempi dei Veda i sacrifici avevano la funzione di ingraziarsi gli dei per mantenere l’armonia nel Cosmo.
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Curiosa di natura e ballerina nei sogni di bambina, con lo yoga ha trovato la sua dimensione ideale, potendo conciliare la sua passione per lo studio con la ricerca della flessibilità corporea. Infatti, all’approfondimento della teoria (si è specializzata con il Master in YogaStudies. Corpo e Meditazione nelle tradizioni dell’Asia dell’Univerità Ca’Foscari di Venezia) ha affiancato la formazione da insegnante di yoga. Si è inoltre diplomata all’Accademia di Raja Yoga di Ananda Assisi, acquisendo e imparando a trasmettere le tecniche meditative insegnate da Paramhansa Yogananda. Continua incessantemente a studiare e a sperimentare; convinta che la meditazione e la pratica della presenza sia la chiave per un’espansione della consapevolezza.
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