Alla ricerca della forma perduta con lo yoga

Ritrovare se stessi, trovare il vero Sé, scoprire il proprio Io autentico. Sono tutte espressioni che vengono spesso associate allo yoga e alla meditazione. Negli Yogasutra di Patanjali, incontriamo un concetto che spiega come lo yoga possa aiutarci a (ri)trovare, letteralmente, la nostra forma propria. Il termine in sanscrito è pratipaksa ed è menzionato nei sutra II.33 e 34 in associazione al termine bhāvana, che si può tradurre come “indole”. Pratipaksa, invece, significa “antitetico”, “opposto”. Patanjali ci chiede di coltivare un’indole antitetica (Patanjali, Yogasutra, II.33, nella traduzione di Federico Squarcini, Einaudi, 2015).

Ma, antitetica a che cosa ? Potremmo chiederci… Antitetica a quello che siamo diventati. Fare yoga, secondo questa impostazione, comporta un andare contro corrente, un invertire la rotta, convertirsi, nel linguaggio cristiano.

Per quale motivo, però, dovremmo cambiare ? E in che modo lo yoga può contribuire a questo processo ? Quando sul tappetino prendiamo bhujangasana, la posizione del cobra, per esempio, non possiamo certo dire che sia una posizione naturale, per noi bipedi quali siamo. Eppure, con un po’ di allenamento, questa e altre posizioni, che a prima vista ci sembravano al di là dei limiti del possibile, diventano alla nostra portata. Il corpo, più o meno lentamente, impara nuove posizioni: la muscolatura si rafforza oppure diventa più flessibile per portare il corpo ad assumere la forma voluta.

In che modo lo yoga può aiutarci a ritrovare la nostra forma ?

L’hatha yoga lavora in questo modo: fa sì che il corpo assuma forme particolari, a volte bizzarre. E se, in un primo momento, ci sentiamo scomodi nelle posizioni che ci paiono più innaturali, progressivamente il corpo impara a conformarsi, cioè a prendere quelle forme. Allora, a un certo punto, cadranno anche le resistenze mentali, i pregiudizi: nella nuova posizione non solo assumiamo una forma a livello corporeo, cambiamo i nostri pensieri, spostiamo il punto di vista. Il corpo ci insegna che possiamo andare oltre i limiti che ci siamo imposti, possiamo spezzare i vincoli, liberarci dai doveri che non ci corrispondono.

Dove ci porta in questo modo lo yoga ? TADĀ DRAȘȚUH SVARUPE ‘VASTHĀNAM (Patanjali, Yogasutra, I.3). Patanjali lo denuncia al principio del suo trattato: con lo yoga, colui che vede (drastuh) dimora nella forma (rupa) che gli è propria (sva). Svarupa, possiamo chiamarla come vogliamo: il vero Sé, l’io autentico, la vera natura, l’anima. Lo yoga ci porta a ritrovare la nostra forma propria, aiutandoci a liberarci dalle false identità che ci siamo costruiti attorno, dalle maschere che abbiamo indossato per conformarci all’ambiente recitando parti che magari non ci corrispondevano, travestimenti dietro ai quali ci siamo nascosti per anni.

É un percorso che vale la pena intraprendere se sentiamo che, in qualche modo, abbiamo tradito “quella cosa lì”, che siamo diventati diversi da come avremmo voluto, che non stiamo più bene nei nostri panni.

Prova a praticare il cambiamento

Come fare in concreto per invertire la rotta e innescare il cambiamento che ci può far ritrovare la nostra forma (svarupa) ?

La prossima volta che ti posizioni sul tappetino, prova a intensificare l’ascolto. Adotta un atteggiamento aperto, disponibile. E se l’insegnante ti propone un asana che non ti piace, accorgiti della tua reazione, guarda il pensiero che sorge, la resistenza che si sviluppa nel corpo, l’atteggiamento che adotti. Quindi, inverti la rotta: considerati grato per l’opportunità di lavorare su qualcosa che magari fai fatica a fare, rilassa la muscolatura e lascia andare quel pensiero di insofferenza. Fai la posizione richiesta con tutto l’entusiasmo che riesci a racimolare dentro di te.

Richiama alla mente il concetto di pratipaksa bhāvana, pensa che non stai semplicemente facendo yoga per stare meglio nel corpo o per rilassarti: ricostruendo la tua forma riscopri te stess* !

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