Tre meravigliose opere d’arte che raccontano la Natività

E anche il (travagliato) 2020 volge al termine. Ciò che da sempre più mi affascina del periodo natalizio è la forte commistione tra sacro e profano che permea ogni rito di questo mese. L’attesa del Natale è scandita in molti Paesi europei con piccoli gesti simbolici, come da noi l’apertura delle finestrelle del calendario dell’Avvento. C’è anche chi, ogni domenica, per le quattro settimane di Avvento, accende una candela, inserita in una ghirlanda, la Corona dell’Avvento. Le quattro candele rappresentano la Speranza, la Pace, la Gioia e l’Amore, quattro stati dell’animo che potremmo considerare come universalmente positivi. E che anche chi pratica uno stile di vita yogico mette al centro della propria vita.

La Natività nelle opere moderne e contemporanee

“Per fare un albero di Natale ci vogliono tre cose: gli ornamenti, l’albero e la fede nel futuro” dice un proverbio armeno. E quest’anno effettivamente di fiducia e speranza nel futuro ne abbiamo davvero tutti bisogno. Il tema della speranza trova espressione nell’iconografia occidentale nell’immagine della Natività, una scena intensa ed emozionante, che ha attraversato i secoli.
Sono rimasta profondamente colpita da come la Natività sia stata rappresentata da artisti moderni e contemporanei in modo inconsueto e originale. Qui ti propongo le tre opere che mi sono piaciute di più:

  • Russo di nascita ed ebreo ortodosso, Marc Chagall vive nella Francia provenzale e rimane affascinato dalla figura di Cristo. Nella Natività del 1941 con il suo stile onirico e fiabesco, rappresenta Maria, che, quasi sospesa nell’aria, vestita di bianco e con il seno scoperto, tiene in braccio il figlio mentre scorge in lontananza un crocifisso. Crocifisso che a ben guardare è un orologio a pendolo ed è sospeso su un tappeto di rose e simboli che evocano il mondo spirituale ebraico. Un mondo esoterico e misterioso che ci sospinge al di là del tempo e dello spazio.

P. Gauguin, La Nascita di Cristo, figlio di Dio, 1886, Neue Pinakothek, Monaco di Baviera
  • Una rappresentazione assolutamente insolita è quella che Gauguin, dopo il suo definitivo trasferimento a Tahiti, propone nell’opera In Te tamari no Atua, (La nascita di Cristo, figlio di Dio) del 1896. Distesa su un letto dall’intenso colore giallo, giace la Madonna. È una giovane donna tahitiana, con gli occhi chiusi, coperta solo da un pareo. Al suo fianco due donne si stanno prendendo cura del bambino appena nato. Sullo sfondo una mangiatoia con i due buoi e l’asinello. È una scena catturata in una dimensione famigliare e quasi primordiale, continuamente sospesa tra il sacro e il profano.

Emil Nolde, Natività (parte del polittico Vita di Cristo), 1911-1912, Neukirchen, Stiftung Seebüll Ada und Emil Nolde
  • Spiazzante e dagli aspri colori è la Natività del 1912 di Emil Nolde, membro del gruppo Die Brücke. Illuminata solo dalla luce delle stelle, che penetra dalla finestra, una giovane madre sorride e alza al cielo trionfante il bambino che ha appena dato alla luce. Un bambino fragile, inerme che sembra quasi di argilla. Sulla destra fa capolino la testa dell’asino. In lontananza su un prato verde altre presenze sembrano avvicinarsi: sono i pastori, guidati dalla stella cometa. Alle spalle di Maria c’è Giuseppe. Con un sorriso appena abbozzato, guarda il piccolo. Sembra incerto e spaventato come tutti gli uomini davanti al mistero della nascita.

Di nascite e speranze

Il tema della nascita percorre la storia da tempi immemori. Allegoricamente la nascita rappresenta un nuovo inizio. E così dopo il solstizio di inverno, il giorno più buio dell’anno, festeggiamo il Natale, il ritorno della luce. Rinasciamo anche noi con le nostre speranze.
“Nascere, è ricevere tutto un universo in regalo” dice lo scrittore norvegese Jostein Gaarder.

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